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lunedì 29 agosto 2011

Mutui. Quale tasso? Tutte le ipotesi a confronto

Tasso fisso o tasso variabile? Nell'amletico dubbio sulla scelta del tasso ideale per iniziare il lungo viaggio del mutuo (o per correggerlo in corsa per chi valuta opzioni di surroga/rinegoziazione/sostituzione) si inserisce anche il tasso misto (che consente di passare da fisso a variabile, o viceversa, nel corso del piano di ammortamento). Quindi, che scegliere in questa fase di turbolenza dei mercati, complice le tensioni nell'Eurozona (per la crisi dei debiti sovrani) e negli Stati Uniti (per gli scontri sull'allungamento del tetto al debito pubblico)?

Bisogna premettere che, al pari di un investitore finanziario attivo, anche il mutuatario risponde a un profilo di rischio. Chi non vuol rischiare (profilo di rischio basso) sarà mentalmente orientato verso una soluzione a tasso fisso, chi vuole osare un po' di più (profilo di rischio bilanciato) guarderà con occhio di riguardo il tasso misto. Infine, il "mutuatario aggressivo" non avrà dubbi circa la scelta del tasso variabile compensando l'incertezza sulla volatilità dei tassi con una più pronunciata attitudine al rischio. Tuttavia, proprio partendo dal confronto tra le opzioni alle condizioni attualmente disponibili sul mercato da questo terzo profilo, ci accorgiamo che così aggressivo, colui che oggi opta per una soluzione a tasso variabile, poi non è.
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Il vantaggio in partenza del tasso variabile
Perché il rischio c'è, ovviamente, ma si tratta di un rischio ben calcolato. Confrontado la distanza tra l'indice Euribor a 1 mese (il miglior indice cui agganciare in questo momento un mutuo a tasso variabile perché vola più basso rispetto all'Euribor a 3 mesi e, allo stesso tasso della Bce) e l'Irs a 25 anni (l'indice di partenza sui mutui a tasso per la durata media erogata nel 2011) c'è un abisso finanziario, nonostante questo stia scendendo per l'effetto Bund: 210 punti base. L'Euribor a 1 mese è stato fissato venerdì all'1,43%, l'Irs a 25 anni al 3,53%. Il che, tradotto in rate, vuol dire che l' "aggressivo" partirebbe con un rata di 680 euro su un mutuo di 150mila a 25 anni (calcolata sul 2,6%, il miglior Tasso annuo effettivo globale oggi sul mercato). Mentre il "prudente" ne pagherebbe 850 (calcolati sul 4,7%, il miglior Taeg oggi sul mercato per un fisso), ovvero il 25% in più. Il proverbio dice: prudenza non è mai troppa. Ma forse, alle condizioni attuali di mercato, questa prudenza si paga un po' troppo. Almeno considerando quello che i mercati oggi "pensano" che accadrà nei prossimi cinque anni quando, secondo i future sugli indici Euribor, questo indice raggiungerà la soglia del 3,2% a fine 2015.

Aggiungendo a questa soglia uno spread medio dell'1,3% si arriva al 4,5%, in ogni caso meno dell'attuale 4,7% stipulabile con il fisso. In sostanza, pur essendo le previsioni future soggette a variazioni anche rapide, gli investitori finanziari sono convinti che, proiettando nel medio periodo l'attuale intreccio economico, il mutuo a tasso variabile resterà meno caro dell'attuale fisso almeno per i prossimi cinque anni.

Misto e cap convengono?
Allora, penserà qualcuno, prendendo come buono questo scenario: perché non stipulare un misto (con partenza con il variabile e switch successivo al fisso) oppure un variabile con cap? Sarebbe una buona domanda, a cui proviamo a dare una buona risposta. Il mutuo a tasso misto, così come il mutuo variabile con cap al pari di tutti gli altri mutui con delle opzioni, è più caro, in termini di spread, rispetto ai mutui privi di opzioni (variabile semplice e fisso standard). In media, i mutui con opzione costano dai 40 ai 50 punti base in più che, tradotti in interessi finali spalmati su un piano di ammortamento di 25 anni, corrispondono a un versamento di 6-7mila euro in più. Importo che non può essere trascurato nella valutazione di chi, aggressivo o prudente che sia, decida di sposare una filosia di "mutuo-investimento" più "diplomatica", ricorrendo al misto.

- Vito Lops, Il Sole 24 ore, 3 agosto 2011

venerdì 26 agosto 2011

Il 45% degli acquisti immobiliari favorito dal web

Continuano a crescere gli affari delle agenzie immobiliari grazie anche alla spinta che arriva dalle compravendite effettuate via web. Un giro d’affari ormai consolidato che arriva a toccare cifre consistenti.

La ricerca
Secondo una recente indagine condotta da Casa.it in collaborazione con Università Cà Foscari di Venezia, al fine di individuare il reale valore del web nel mercato immobiliare nostrano, gli li italiani si affidano sempre di più al web per acquistare casa.
Stando ai  i principali numeri diffusi dall’analisi, in Italia circa il 45,7% delle compravendite residenziali effettuate dalle agenzie immobiliari sarebbe favorito da internet per un giro d’affari che ruota intorno ai 26 miliardi di euro.
A beneficiare della situazione sono le agenzie immobiliari che hanno la possibilità di sfruttare le vetrine on line per attirare potenziali compratori e gestire le prime fasi di intermediazione e negoziazione del contratto.

La rete gioca inoltre un ruolo fondamentale anche nel segmento finanziario, in particolare nel segmento dei mutui come attestato peraltro dalla Banca d’Italia che ha recentemente indicato come nel 2010 sarebbero stati chiusi circa 465 mila mutui per un valore di 57 miliardi di euro, con una fetta delle linee di credito immobiliari spinte dalle piattaforme online, che si aggirerebbe intorno al 10%, e si dimostrerebbe altresì in netta crescita rispetto alle abitudini passate.

In base alle richieste pervenute a Casa.it è possibile affermare che rispetto all’anno scorso si è assistito nel 2011 ad un incremento della domanda di acquisto nonostante vi sia una discrepanza tra le transazioni che si realizzano effettivamente e la richiesta d’acquisto dovuta principalmente al mancato allineamento dei prezzi rispetto alle effettive possibilità di spesa degli italiani.

- Borsa Italiana, 26 agosto 2011

martedì 9 agosto 2011

Bankitalia, peggiorano condizioni mercato immobiliare

Nel secondo trimestre 2011, le condizioni del mercato immobiliare italiano si sono indebolite ulteriormente. Lo rileva l'inchiesta trimestrale sullo stato del mercato immobiliare in Italia condotta congiuntamente dalla Banca d'Italia, da Tecnoborsa e dall'Agenzia del Territorio. A questa indagine hanno partecipato 1.464 agenti, fornendo informazioni sull'attività di compravendita e sui prezzi nel trimestre di riferimento (aprile- giugno 2011), nonché sulle prospettive del settore.
Nel secondo trimestre del 2011 la quota di agenti che hanno segnalato una diminuzione dei prezzi è cresciuta al 46,8 per cento dal 44,2 della precedente indagine , a fronte di una sostanziale invarianza dell’incidenza, già trascurabile, di coloro che hanno indicato un aumento delle quotazioni. Ne è derivato un peggioramento del saldo negativo tra le percentuali di risposte "in aumento" e "in diminuzione" (-45,5 punti contro -42,6 nel primo trimestre dell’anno), più pronunciato nelle aree urbane e nelle regioni del Nord Ovest.
La quota di agenzie che nei mesi primaverili hanno venduto almeno un immobile è rimasta invariata, al 69,3 per cento ; a una flessione nelle regioni settentrionali si è contrapposto un aumento registrato in quelle del Centro.
Nel secondo trimestre del 2011 il saldo tra risposte di aumento e di diminuzione (rispetto al periodo precedente) delle giacenze di incarichi a vendere è sceso a 23,2 punti percentuali (25,8 nella precedente rilevazione).
Il calo riflette principalmente la flessione della percentuale di operatori che giudicano in aumento il numero di incarichi ancora da evadere. Circa l’andamento dei nuovi incarichi, il saldo tra la quota di agenzie che segnalano un aumento rispetto ai primi mesi dell’anno e quella di coloro che ne riportano una diminuzione è fortemente diminuito, a 12,1 punti percentuali (da 20,8), in connessione soprattutto con gli andamenti osservati nelle aree non urbane. Per quanto riguarda le cause prevalenti di cessazione degli incarichi, sono aumentate leggermente le quote di operatori che indicano l’assenza di proposte di acquisto a fronte di richieste del venditore ritenute troppo elevate (65,5 per cento contro 64,2 nell’inchiesta di aprile;), attese di prezzo più favorevoli (21,9 per cento contro 20,8) e difficoltà nel reperimento del mutuo (51,9 per cento contro 49,6). Si è invece ridotta l’incidenza dei ritiri dovuti a proposte di acquisto a prezzi giudicati troppo bassi dal venditore (52,0 per cento dei casi contro il 55,4 rilevato in aprile). Il prezzo di vendita è rimasto sostanzialmente invariato, intorno al 12 per cento : alla flessione registrata nelle aree urbane (all’11,3 per cento, dal 12,0 nella precedente rilevazione) si è contrapposto un modesto aumento in quelle non urbane (al 12,6 per cento, dal 12,1). Si conferma appena superiore ai 7 mesi il tempo medio di completamento dell’incarico .
La quota di acquisti di abitazioni effettuata con accensione di un mutuo ipotecario è salita di 2 punti percentuali rispetto alla scorsa indagine, al 72,6 per cento. L’aumento ha riguardato tutte le aree geografiche del paese.
Il saldo tra giudizi "favorevoli" e "sfavorevoli" sulle attese a breve circa le condizioni del mercato di riferimento è ulteriormente peggiorato, divenendo negativo per la prima volta da un anno (per 22,5 punti percentuali, a fronte di un saldo positivo di 4 punti nella rilevazione precedente). Si è inoltre ridotto il saldo positivo tra le attese di aumento e diminuzione dei nuovi incarichi a vendere (a 3,9 punti percentuali, contro 20,2 nella scorsa rilevazione), mentre si è ulteriormente ampliato quello, già negativo, circa le attese sui prezzi (-41,1 punti, contro -31,7).
La quota di agenti che riportano un peggioramento delle prospettive a breve del mercato nazionale è aumentata al 34,8 per cento (dal 23,5 della rilevazione precedente) . Il divario negativo fra giudizi favorevoli e sfavorevoli si è pertanto ampliato, portandosi a -27,8 punti percentuali, da -12,8 in aprile. Appare sempre più prudente, anche se ancora improntato all’ottimismo, il quadro per i prossimi due anni: il saldo positivo tra le attese di miglioramento e peggioramento si è infatti ancora ridotto, di oltre 10 punti percentuali, portandosi a 18,3 punti.

- La Repubblica, 5 agosto 2011